Con la scusa di Caivano il governo inasprisce le pene sulla cannabis

Con la scusa di Caivano il governo inasprisce le pene sulla cannabis

Con la scusa di intervenire nella complessa situazione di Caivano, il governo ha varato un decreto legge che inasprisce le pene per la cannabis e le droghe leggere, impendendo, tra l’altro, l’applicazione della messa alla prova.

Tra le pieghe del decreto approvato, infatti, c’è il comma 3 dell’articolo 4 che ha modificato il limite massimo edittale di pena per il reato previsto al comma 5 del testo unico sugli stupefacenti, quello dedicato alle condotte di lieve entità, con la pena massima per le droghe leggere portata da 4 a 5 anni.

Un anno di pena in più che però nella pratica cambia molte cose.

Se n’è accorto, nel silenzio generale, l’avvocato Carlo Alberto Zaina durante il processo di un suo assistito, portandolo a denunciare la situazione paradossale.

“Da sei mesi a 5 anni, significa che abbiamo un reato minore che presenta un’estensione di pena edittale che copre quasi tutta la pena del reato ordinario (Il quarto comma prevede da due a sei anni, il quinto da sei mesi a cinque anni). E’ evidente che sia un provvedimento irragionevole, visto che il limite massimo è quasi lo stesso”.

Il paradosso è che un imputato rischierà di prendere una pena maggiore con il quinto comma, rispetto a quella che potrebbe prendere con il quarto. E quindi secondo l’avvocato “emerge una palese irragionevolezza della modifica che induce a sospettare di incostituzionalità la stessa”.

COS’È LA MESSA ALLA PROVA

Per gli adulti la messa alla prova (MAP) era una misura prevista per evitare il carcere per le pene fino ai 4 anni per i reati di minore allarme sociale. Il problema è che, avendo allungato la pena per gli stupefacenti a 5, non sarà più possibile richiederla, con una conseguenza probabile: l’aumento vertiginoso di maggiorenni che andranno in galera anche se semplici consumatori di cannabis.

COSA CAMBIA PER LA CANNABIS

“Lo stile è quello di nascondere questi cambi normativi in altre leggi, come fecero nel 2006 con il decreto di finanziamento delle Olimpiadi, ed è una cosa vergognosa. Il problema sarà anche per chi detiene piccoli quantitativi, rischiando di mettere nei guai e fare finire in carcere anche i consumatori”.

Secondo l’avvocato: “Si tratta dell’ennesimo inaccettabile provvedimento che i nostri governanti ed i politici in genere adottano surrettiziamente, sfruttando l’emozione collettiva che vicende penali di ben altro tipo suscitano”.

Insomma, è come se la famigerata “lieve entità” in questo tipo di reato, che appunto ha salvato negli anni tanti semplici consumatori dal carcere, fossa stata quasi del tutto depotenziata.

La politica dice spesso che l’obiettivo, a livello giudiziario, sia quello di decongestionare le carceri italiane che sono sempre più sovraffollate. Ma con un provvedimento del genere si va verso la parte opposta. “La MAP era un’ottima cosa che permetteva di risparmiare tanti processi inutili”, conclude l’avvocato. E ora non sarà più così.

 

Autore: Dolcevita,  Mario Catania

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