Marijuana sintetica: cos'è e perché averne paura

Marijuana sintetica: cos'è e perché averne paura

I cannabinoidi sintetici popolano da tempo il commercio illegale, ma alcuni recenti episodi negli Stati Uniti hanno riportato il tema della loro pericolosità all'attenzione comune. Alla metà di agosto 71 persone sono state trovate in overdose da K2 - il nome commerciale di una di queste sostanze - nell'area di New Haven Green, non lontano dall'Università di Yale, nel Connecticut. Sei di loro erano vicine alla morte. Il 19 agosto, la Food and Drug Administration americana ha diffuso l'allarme circa una partita di marijuana sintetica contaminata con una sostanza usata nel veleno per topi.

Anche quando non fa notizia, come in questi casi, la marijuana sintetica comporta un rischio di effetti collaterali gravi 30 volte più alto rispetto alla cannabis naturale: a fare gola e favorirne la diffusione sono i costi relativamente contenuti, gli effetti psicoattivi più marcati, il fatto che emani un odore meno riconoscibile rispetto all'erba tradizionale e che sia meno facilmente rintracciabile nelle urine.

SOMIGLIANZA APPARENTE. Come spiegato su The Conversation, la miscela di erbe essiccate che costituisce la cannabis sintetica (o K2, Spice, AK47, solo per citare alcuni nomi) somiglia alla marijuana ma è intrisa di sostanze psicoattive prodotte in laboratorio e lasciate assorbire, con un processo molto impreciso, dal miscuglio vegetale compreso nel mix (foglie e fiori che possono avere effetti psicoattivi a loro volta oppure no, e aver subito contaminazioni da muffe, salmonella, pesticidi o metalli pesanti).

COME AGISCONO. Esistono diverse centinaia di cannabinoidi sintetici, e tutti stimolano il recettore cellulare CB1, o recettore dei cannabinoidi. Questa specie di "serratura" sulle cellule del sistema nervoso centrale serve a captare le quantità minime di endocannabinoidi, cioè analgesici naturali, prodotte dal corpo umano. In questo recettore si inserisce però anche il THC, la sostanza psicotropa contenuta nei fiori di Cannabis sativa, che in questo modo permette un maggior rilascio di dopamina, il neuromessaggero del piacere (per approfondire).

IMPREVEDIBILI. L'intensità e la durata dell'effetto dei cannabinoidi sintetici, però, sono diverse e non controllabili. Alcuni mantengono la struttura molecolare del THC prima della trasformazione in laboratorio, altri no. Alcuni intervengono anche su recettori aggiuntivi e hanno pertanto altri effetti, non prevedibili. Rispetto alla marijuana naturale, inoltre, nelle droghe Spice manca il cannabidiolo, un altro costituente dell'erba che stempera gli effetti psicoattivi del THC, bloccando il rilascio di dopamina: una sorta di freno, assente in queste miscele da laboratorio.

Oltre a tutto questo esiste un rischio di contaminazione con altre sostanze tossiche, come il veleno per topi denunciato dalla FDA, o sostanze oppioidi. Gli effetti collaterali includono ansia, psicosi, paranoia, tachicardia, rischio di ictus, conati di vomito (un sintomo paradossale: la marijuana terapeutica previene gli attacchi di nausea). I casi più gravi contemplano assenza e fissità dello sguardo, movimenti ripetuti e meccanici - con le vittime simili a "zombie" - danni a muscoli e reni e gravi problemi respiratori.

Essendo un prodotto nato in laboratorio - con l'intento iniziale di studiare gli effetti del THC e poi finito fuori controllo - e che si diffonde in circuiti illegali, non c'è modo di conoscere l'esatta composizione di quello che ci si appresta a fumare. In Italia, almeno 1 giovane tra i 15 e i 19 anni su 10 (circa 275 mila studenti) ha consumato cannabinoidi sintetici almeno una volta.

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